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Calciatori

Maitland-Niles primo rinforzo di gennaio per la Roma

Maitland-Niles primo rinforzo di Gennaio per la Roma

Maitland-Niles è il rinforzo scelto da Mourinho come alternativa a Karsdorp sulla fascia destra. Giocatore che è stato una grande promessa ma che ha attraversato un periodo di difficoltà, adeguatamente motivato può essere qualcosa di più di un rincalzo. Può giocare anche a centrocampo, molto dinamico, e con un buon dribbling. Arriva con la formula del prestito secco di 500.000 euro più altrettanti di bonus legati alle presenze.

Previste oggi le visite mediche a Londra e poi il viaggio verso Roma, dove non sarà necessario rispettare la quarantena in quanto il giocatore si è negativizzato da poco.

Giocatore fisicamente forte con i suoi 180 cm, destro naturale e tanta grinta al servizio della squadra, potrebbe essere già disponibile per la partita del 9 Gennaio all’olimpico contro la Juventus.

felix afena genoa roma

Felix Afena-Gyan alla scoperta del gioiellino che fa sognare Roma

Una spenta ed anonima partita a Marassi si trasforma in pochi minuti in una di quelle partite che potrebbero essere ricordate anche tra 20 anni.

Nella mente di ogni tifoso della Roma si cela il sogno che Genoa Roma 0-2 possa diventare come quel Roma Foggia giocatasi il 4 Settembre 1994 quando un ragazzino di diciotto anni realizzò la prima delle sue 307 marcature in maglia giallorossa.

Avremo tempo per gettare acqua sul fuoco, perché in fondo goal a 18 anni li hanno fatto anche Sadiq ed Okaka, e non sono diventati esattamente Francesco Totti, ma ci prendiamo qualche ora per coccolare il sogno di poter finalmente tornare a parlare di un nuovo “gioiellino” da crescere in prima squadra.

Il fatto è che ieri Felix Afena di goal ne ha fatti due, uno più bello dell’altro, e sono stati come un raggio di sole in un cielo grigio di nuvole. La Roma, reduce da diverse partite che definire deludenti è poco, era arrivata all’ottantesimo di gioco contro un modesto Genoa senza riuscire a scardinarne le difese.

Abraham non era riuscito nemmeno a tirare in porta, Shomurodov si era divorato un gol grande come una casa, e tutto faceva pensare all’ennesima serata deludente. Poi dalla panchina si alza Felix, e tutti, ma proprio tutti ci siamo domandati… “Ma Zaniolo??”. Se la Roma non avesse vinto chissà quante polemiche, con il più grande talento della squadra in panchina e un ragazzino della primavera in campo.

Forse qualcuno più ottimista si sarà ricordato che anche nell’ultima volta che la Roma aveva vinto una partita (Cagliari Roma) l’equilibrio era stato rotto dall’ingresso di questo ragazzino, ma a 18 anni non è che puoi chiedergli sempre di togliere le castagne dal fuoco.

Evidentemente però il piccolo Felix Afena, ghanese con un passato difficile alle spalle, ha la personalità e la grinta giusta per non sentire il peso dell’età, ed al minuto 82 riceve una bella palla da Mkhitaryan e segna un bellissimo goal piazzandola di piatto con la giusta precisione e potenza. Un gol solo in apparenza semplice, ma ne abbiamo visti sbagliare di ben più facili da giocatori navigati. Quando ti arriva quella palla intanto devi avere la freddezza di prendere la decisione giusta, e quindi non spararla di potenza ma di colpire di precisione, e poi devi avere il piede per farlo, tenendola bassa ed infilando lo spazio tra palo e portiere.

Bel gol insomma, sarebbe già bastato. Le feste, gli abbracci con tutti i compagni, la Roma che torna a vincere con il gol di Felix Afena che avrebbe vissuto un bel momento di gloria. Evidentemente però non era abbastanza per diventare leggenda, e così a 10 secondi dalla fine del recupero, Afena si prende una palla sulla trequarti, se la porta avanti un paio di metri e lascia partire un tiro a giro forte, teso, preciso che si infila sotto l’incrocio dei pali. Un goal meraviglioso che trasforma una notte da protagonista nell’inizio di una favola.

Ora caro Felix verrà il difficile, cioè confermarsi. Perché adesso tutti si aspetteranno che tu ad ogni partita farai colpi del genere ed invece non è giusto chiedertelo. La cosa giusta è che torni in panchina, perché ancora non puoi essere pronto per prenderti la Roma, e che quando sarai chiamato in causa entrerai in campo senza strafare perché quei colpi non riescono sempre, ed il vero campione è quello che impara quando è il momento di provarli e quando invece bisogna fare le cose semplici. L’importante per ora è che ci hai fatto vedere che quelle giocate nei tuoi piedi ci sono, ne arriveranno sicuramente altre.

Cresci con calma Felix Afena-Gyan.

Abraham rassicura “Domenica dovrei esserci”

Abraham tornato a Roma si è immediatamente recato in clinica per essere sottoposto ad esami strumentali per determinare la gravità dell’infortunio di ieri durante la partita con la maglia della nazionale inglese.

È Tammy stesso ad accendere una speranza per Domenica rilasciando ai cronisti in aeroporto delle dichiarazioni che lasciano filtrare un ottimismo nemmeno troppo cauto.

Quel “si, penso di farcela per domenica” è molto importante, ma ancora di più saranno i risultati degli accertamenti. Visti i precedenti la Roma schiererà Abraham domenica solo in totale assenza di rischi.

106 volte grazie bomber

106 Volte grazie, bomber

Io a quella partita c’ero… era il 1988, ero un pischelletto quattordicenne che andava in curva sud… 106 striscioni e la scritta 106 volte grazie… 90 minuti di cori incessanti… non ti scordiamo, Roberto non ti scordiamo… li ho ancora nelle orecchie…la curva sud omaggiava come meritava il suo bomber.
Ironia della sorte 32 anni dopo un altro bomber potrebbe salutarci ancora con questo numero di goal… 106… certo in questo caso in totale mentre quelli di Roberto Pruzzo erano solo in campionato, ma sempre 106 sono, e fatti in sole 5 stagioni. Forse il tifo è cambiato, magari oggi anche il bomber sarebbe etichettato come pippa.. ma per Edin se finisse così non ci sarebbero striscioni, non ci sarebbero cori… forse per il Covid, ma forse non ce ne sarebbero stati lo stesso… ci lamentiamo delle cessioni, delle plusvalenze… ma probabilmente siamo cambiati anche noi… però almeno personalmente spero di continuare a vedere Edin Dzeko con la maglia della Roma… uno dei più forti numeri 9 ad averla vestita, sudata ed onorata sempre…. se possibile con accanto Milik, altrimenti con qualunque altro attaccante disposto a combattere per la maglia numero 9

de rossi saluta la roma

Daniele De Rossi – lettera di arrivederci

Daniele De Rossi saluta la Roma il 26 maggio 2019 dopo 616 partite della sua carriera romanista. Ci saluta con eleganza, da par suo, con una splendida lettera.

La lettera del capitano, il nostro vanto… qualcuno dovrebbe chiedergli scusa prima dell’arrivederci che ci diremo domani. E non parlo della società, loro non gli dovevano niente, gli hanno rinnovato il contratto due volte quando gli è servito e oggi fanno una cazzata pensando di poter fare a meno del calciatore e dell’uomo. Ma loro non sono romanisti. Quelli che dovrebbero chiedere scusa sono quei tifosi che per anni lo hanno calunniato e insultato. E non sono pochi… capitan ceres, lo sgarro sotto la barba, non gioca da 3 anni… Daniele è stato bravo a prendere solo l’amore di questa città che può essere immenso. Domani che sia una grande festa, DDR è un nostro orgoglio, e ci lasciamo con la certezza che ci rincontreremo presto, lui senza Roma non sa stare:

Queste le sue parole:

Che te ridi regazzi’?

So’ felice!

Perché sei felice?

C’ho la maglietta della Roma

Ma non è che è falsa?

Ma no, il numero l’ha cucito mia zia…

E se te dico che la indosserai più di seicento volte?

A me ne basterebbe una di partita.

Riguardando questa foto, che ormai conoscete tutti, mi rendo conto di quanto io sia stato fortunato, una fortuna mai data per scontata e per la quale non sarò mai abbastanza grato.

È stato un viaggio lungo, intenso, sempre accompagnato dall’amore per questa squadra.

Questa gratitudine non voglio lasciarla sospesa per aria, perché, mentre scrivo la parola grazie, non mi passano per la testa dei concetti astratti, ma dei ricordi e delle sensazioni, delle facce e delle voci.

Permettetemi di ringraziare tutta la Roma che ho conosciuto:

la famiglia Sensi, il presidente Pallotta.

Tutte le donne e gli uomini che hanno lavorato e lavorano a Trigoria.

Gli allenatori che mi hanno guidato, ognuno mi ha insegnato qualcosa di importante, nessuno escluso.

Gli staff medici che si sono presi cura di me; Damiano, senza il quale le mie presenze con questa maglia sarebbero state sicuramente meno.

I miei compagni, la parte più intima del mio lavoro: sono la mia famiglia. La quotidianità dello spogliatoio di Trigoria sarà quella che mi mancherà di più.

Bruno, che ha visto in me qualcosa di speciale e mi ha portato in questo fantastico settore giovanile. È lì che, una mattina di agosto, ho incontrato Simone e Mancio, che mi sono rimasti accanto finora e resteranno per tutta la vita.

Grazie a Davide, anche lui accanto a me per tutta la vita.

Grazie a Francesco. La fascia che ho indossato l’ho ricevuta dalle mani di un fratello, di un grande capitano e del calciatore più straordinario al quale io abbia mai visto indossare questa maglia. Non capita a tutti di giocare 16 anni accanto al proprio idolo. Riconsegno questa fascia, con rispetto, ad Alessandro. Un altro fratello che sono sicuro ne sia altrettanto degno.

Grazie a papà e mamma per avermi cresciuto trasmettendomi due valori che sono ogni giorno con me: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso e dai una mano a chi è in difficoltà.

Grazie a Ostia, alla sua gente e al suo mare, che mi hanno svezzato da bambino, accompagnato da adolescente e riaccolto da adulto.

Grazie anche a chi mi ha sopportato e supportato tra le mura di casa: senza Gaia, Olivia e Noah e soprattutto Sarah sarei la metà dell’uomo che sono oggi.

Grazie ai tifosi della Roma, i miei tifosi. Mi permetto oggi di dire miei, perché l’amore che mi avete dato mi ha permesso di continuare ad essere in campo parte di voi. Siete stati la ragione per cui tante volte ho scelto di nuovo questa città. Domani sarà la seicentosedicesima volta in cui io considererò questa scelta, la scelta giusta.

Il 26 maggio di qualche anno fa abbiamo vissuto una giornata dopo la quale pensavamo di non poter tornare a sorridere. Lo pensai anche io, finché non vidi il tatuaggio di un tifoso con scritto “27 maggio 2013, eppure il vento soffia ancora”. Non so a chi appartenesse questo tatuaggio, ma so che il vento ricomincerà a soffiare anche da questo 27 maggio.

Mai come in questi giorni ho sentito il vostro affetto: mi ha travolto e mi ha riempito il cuore. Mai come in questi giorni vi ho visto così uniti per qualcosa. Ora, il regalo più grande che mi potete fare è mettere da parte la rabbia e tutti uniti ricominciare a soffiare per spingere l’unica cosa che ci sta a cuore, la cosa che viene prima di tutto e tutti, la Roma.

Nessun mai vi amerà più di me.

Arrivederci.

Daniele De Rossi

daniele-de-rossi capitan futuro

Daniele De Rossi – Capitan Futuro

Daniele De Rossi ci lascia. Anche questo momento è arrivato… inevitabile come l’addio di Francesco Totti, ma forse stavolta più inaspettato e per certi versi più doloroso. Francesco si è arreso al tempo, ha resistito più che ha potuto arrivando a fare la differenza anche dopo aver passato i 40, De Rossi probabilmente si è arreso al suo amore per la Roma, capendo che il suo fisico non gli avrebbe permesso di aiutarla come avrebbe voluto.

Totti e De Rossi, hanno accompagnato gli ultimi 20 anni di Roma, i momenti belli, qualche vittoria, tante delusioni… due personaggi enormemente diversi che però hanno rappresentato al meglio la romanità completandosi e creando un rapporto con la città difficilmente ripetibile.

Di Totti si è scritto tanto… i suoi numeri, i video dei suoi goal parlano da soli e resteranno in eterno. Tra 30 anni a un ragazzo che tifa Roma basterà far vedere qualcuno dei goal di Francesco per spiegargli la classe, il genio di questo grande campione. Ma come potremmo spiegare chi era Daniele?

De Rossi qui a Roma è stato quasi sempre il numero due…. “la Roma di Totti e… De Rossi”, si è sempre detto. Eppure quest’anno saluteremo un vero numero uno, il vero leader della Roma dell’ultimo ventennio ! Un calciatore di un carisma e personalità difficilmente eguagliabili, un grandissimo calciatore e un vero ROMANISTA.

Nella sua carriera De Rossi alla Roma è probabilmente molto in credito. Mentre Francesco Totti ha dato tantissimo ma anche ricevuto tantissimo (la gioia di uno scudetto, la fascia di capitano per un ventennio, l’amore eterno della città che lo ha fatto Re), De Rossi nonostante le sue incredibili capacità tecniche e tattiche da calciatore non ha mai vinto lo scudetto a Roma da protagonista, ha pagato il non giocare nella Roma più forte della sua storia ed ha pagato l’ombra di Totti.

Capitan Ceres, lo sfregio sotto la barba, sono 5 anni che non gioca… ma quante ne ha dovute passare Daniele? Ha pagato sempre lui per la Roma, e non gli abbiamo mai perdonato niente. Il rinnovo del 2012, quando De Rossi era uno dei primi 3 centrocampisti in Europa… un contratto che la vecchia dirigenza non poteva rinnovare e arrivato a scadenza. De Rossi che poteva andare gratis in qualsiasi squadra avesse voluto. Il Chelsea lo avrebbe coperto d’oro, invece De Rossi si è accordato con la Roma. La gente gli ha sempre fatto pesare quei 6 milioni a stagione, eppure lui avrebbe potuto prendere quasi il doppio se non fosse stato così innamorato dei colori giallorossi.

Il mio più grande rimpianto è di avere solo una carriera da poter donare alla Roma

Daniele De Rossi non è stato mai banale. Sempre lucido nelle interviste, sempre schietto e sempre molto intelligente. Probabilmente per questo tutti noi sappiamo che diventerà un grandissimo allenatore, come lo è il Papà con la primavera e anche molto di più. Qualcuno spinto dall’amore lo vorrebbe subito, ma no, Daniele non si deve bruciare… deve finire soddisfatto la sua carriera da calciatore, fare le sue esperienze e poi tornare qui ed allenare la nostra squadra. Lui non è Ancelotti, che dice da 20 anni che prima o poi allenerà la Roma, Daniele la Roma la allenerà sul serio e speriamo che il destino gli renda quelle vittorie che non ha potuto avere da calciatore.

616 Presenze, 18 stagioni con una sola maglia. Il secondo calciatore della nostra storia ci saluterà a Roma – Parma. Per molti sarà forse meno emozionante dell’addio di Francesco, ma non per chi l’ha vissuto per tutta la carriera. Probabilmente tanti non si ricordano quanto è stato forte De Rossi calciatore, e tanti non capiscono quanto sia importante l’uomo nello spogliatoio. De Rossi con la sola presenza riesce a trasmettere la vera essenza di essere Romanista, ti basta guardarlo in faccia per capire l’orgoglio che prova indossando i colori della sua Città, ma proprio per la carriera che ci ha donato dobbiamo con riconoscenza “concedergli” questa esperienza all’estero, felici che abbia scelto di farla oggi e non a 28 anni. La speranza è che tutti i tifosi mettano da parte a Roma – Parma tutta la delusione della stagione, gli attriti con la società, e gli regalino una festa come assolutamente merita.

ARRIVEDERCI (ma presto!) CAPITAN FUTURO

LETTERA DI ADDIO DI DANIELE DE ROSSI

giannini il principe

Giuseppe Giannini – Il Principe

In qualunque storia che si rispetti, il personaggio del Principe è solitamente quello che garantisce il lieto fine salvando e sposando la principessa. Nella storia della Roma però, il Principe Giuseppe Giannini probabilmente ha raccolto qualcosa in meno di quello che avrebbe meritato.

Giannini è stato un calciatore fantastico. Talento allo stato puro, intelligenza calcistica superiore e tanto tanto amore per la Roma. Purtroppo per lui, non è stato fortunato perché la sua carriera calcistica si colloca tra la grande Roma di Viola del secondo scudetto e quella di Sensi del terzo, che ha sfiorato ma delle quali non ha potuto far parte per motivi anagrafici. La Roma di quegli anni raramente è stata competitiva per i primi posti nonostante la presenza di qualche campione come appunto Giannini, Voeller e Aldair, ma con una qualità complessiva non all’altezza.

Nonostante tutto il Principe, è riuscito a vincere con la Roma qualche Coppa Italia e può definirsi Campione d’Italia 1982-83 anche se in quella stagione non venne mai schierato in campionato.

L’esordio del Principe Giannini

Giannini nasce il 20 Agosto 1964 nel quartiere Triste, e si trasferisce a 3 anni a Frattocchie. Qui inizia a muovere i primi passi da calciatore nel Santa Maria delle Mole. Il suo talento è evidente, ed approda giovanissimo nell’Almas Roma su segnalazione di Luciano Tessari (vice-allenatore di Nils Liedholm).

Giannini, ad appena 14 anni, era considerato il miglior talento Italiano in prospettiva, e sono tante le squadre che si interessano a lui, in particolare il Milan (con il quale sostiene anche un provino) e la Lazio. La Roma fu brava ad approfittare di un rallentamento della trattativa col Milan e dell’addio di Moggi alla Lazio. Il responsabile del settore giovanile Giorgio Perinetti convinse il presidente Viola ad offrire ben 40 Milioni di lire per accaparrarsi il giovanissimo calciatore.

L’esordio in serie A con Liedholm 

Era la stagione 1981/82, quella successiva allo scudetto perso per il gol annullato a Turone, ed Il Barone Liedholm stava costruendo la fantastica squadra che poi avrebbe vinto lo scudetto l’anno successivo. Il gioco di Liedholm  si basava molto sulle qualità tecniche, ed il tecnico fu colpito dall’eleganza dei movimenti del giovane Giannini, al punto di inserirlo in campo in una partita con tanti assenti nella prima squadra. Era il minuto 56 di un Roma Cesena giocata il 31 gennaio 1982, e Giannini collezionò la prima delle sue 437 presenze in maglia giallorossa.

Purtroppo non fu un esordio fortunato, e per un malinteso a centrocampo proprio tra Giannini e Falcao la Roma perse la partita. Le critiche per quella partita furono piuttosto pesanti, e per preservare il giovane calciatore venne deciso di rimandarlo in Primavera per continuare il percorso di crescita. Giannini con la Primavera vinse il Torneo di Viareggio ed il Campionato, ma potè partecipare soltanto di riflesso ai successi della prima squadra.

Eriksson e la consacrazione

Finita l’era Liedholm la Roma deve rinnovarsi. Non c’é più Di Bartolomei e tanti giocatori chiave come Falcao sono ai margini. Il talento del Principe trova sempre più spazio e nonostante una stagione deludente Giannini gioca e convince diventando titolare della sua squadra del cuore.

La stagione successiva è quella della grandissima delusione per la rimonta sulla Juve vanificata dalla sconfitta interna col Lecce, una delle pagine più amare della storia romanista, ma resta comunque la vittoria della Coppa Italia in finale contro la Sampdoria e l’esordio in Nazionale.

Il ritorno del Barone e i tanti gol con la Roma

Sulla panchina giallorossa torna Nils Liedholm che ritrova un Giannini già affermato, e ne esalta le qualità realizzative. La Roma arriva terza e Giannini con 11 gol nella classifica marcatori è dietro solamente a Careca e Maradona. L’anno successivo è invece molto deludente. Parliamo della stagione di Andrade e Renato, dell’esonero e il richiamo di Liedholm, dello spareggio perso contro la Fiorentina con gol di Pruzzo.

La Roma del Flaminio

Nella stagione che precede i mondiali del 1990 la Roma deve rinunciare allo Stadio Olimpico sottoposto a lavori di ristrutturazione, e gioca tutta la stagione allo Stadio Flaminio, guidata dal tecnico Gigi Radice in una stagione dichiaratamente di transizione. Tuttavia il sesto posto ottenuto da una squadra di combattenti ha generato un’empatia speciale con i tifosi, al punto che quella stagione è ancora oggi ricordata con piacere nonostante un piazzamento non proprio rilevante.

I mondiali dell’Italia non furono fortunati, dopo un percorso netto viene eliminata in semifinale dall’Argentina ed è grande delusione, ma Giannini gioca un mondiale fantastico risultando uno dei migliori calciatori del torneo.

Ottavio Bianchi e la morte di Dino Viola

Dopo i mondiali la stagione inizia con grandi aspettative. Arriva in panchina Ottavio Bianchi che riesce a tenere unita la squadra e a farle disputare due finali. Sconfitta in coppa Uefa contro l’Inter e vittoria della coppa Italia contro la Samp. Ma c’é poco da festeggiare. Durante la stagione il  19 gennaio 1991 ci lascia il grande Presidente Dino Viola.

La seconda stagione con Bianchi è molto difficile per il Principe. In aperto contrasto con l’allenatore, al punto da definirlo “sleale” e di vedersi tolta la fascia di capitano.

La Roma di Ciarrapico e Boskov

Il nuovo presidente Ciarrapico sceglie per la panchina Vujadin Boskov, tecnico navigato e vincente con la Sampdoria. Peppe fa una buona stagione, ma i risultati della squadra sono estremamente deludenti con la Roma che arriva decima. Arriva anche una finale di Coppa Italia col Torino. Il 5-2 del ritorno con tripletta di Giannini non bastano a recuperare la gara di andata persa malamente per 3-0

Il difficile rapporto con Sensi e il rigore nel derby

Diventa presidente della Roma il compianto Franco Sensi. La stagione 1993-94 inizia con Carletto Mazzone in panchina. Mazzone apprezza Giannini calciatore e l’uomo, i due si prendono molto ma ancora una volta sul campo tante delusioni ed un settimo posto in classifica. L’episodio chiave che determina la fine della carriera di Giuseppe Giannini con la Roma è datato 6 marzo 1994. Si gioca il Derby e la Roma è sotto 1-0. Francesco Totti si procura un calcio di rigore nei minuti di recupero, il Principe si prende la responsabilità di calciarlo ma Marchegiani para, e la Roma perde la partita.

Il rigore sbagliato dal Principe



I tifosi giallorossi perdonano il principe dedicandogli anche uno splendido striscione nella partita successiva:

Il tuo coraggio di tirarlo, il tuo dolore di sbagliarlo, il nostro amore per dimenticarlo

Striscione curva sud

Vulcanico presidente sensi invece, a caldo nel dopo partita, si lascia sfuggire delle frasi che ferirono profondamente nell’orgoglio il principe:

Se uno ha un rigore e lo sbaglia, non è degno di stare in questa squadra

Franco Sensi

Da quel maledetto rigore il rapporto con la Roma non è mai più stato lo stesso. Giannini gioca meno e la stagione 1995-96 sarà l’ultima in maglia giallorossa. Ancora una volta il destino non regala al principe le soddisfazioni che avrebbe meritato. Forse la più bella partita di Giannini con la maglia della Roma coincide con una delle più cocenti delusioni della sua carriera. Si giocano i quarti di finale di Coppa UEFA all’Olimpico, con la Roma che deve ribaltare un pesante 2-0 rimediato all’andata. Giannini gioca una partita splendida, realizzando anche il gol che porta la Roma ai supplementari dove Moriero su assist di Totti fa 3-0. L’accesso alla semifinale sembra fatta, ma nemmeno il tempo di festeggiare e lo Sparta Praga segna il goal qualificazione. È una delusione enorme per Giannini che a fine partita annuncia il suo addio alla Roma. La sorte non gli è amica nemmeno nella penultima giornata del torneo quando dopo una superba prestazione a Firenze rimedia una ammonizione che gli impedirà di salutare la sua gente all’Olimpico contro l’Inter nell’ultima di campionato. La curva sud gli rende comunque omaggio con uno striscione di addio:

Solo chi la ama e chi soffre per la maglia ha il diritto di onorarla… per sempre. Grazie Capitano

Dopo la Roma

Giannini lascia la sua Roma e lo fa per lo Sturm Graz, squadra austriaca con la quale vince due coppe nazionali. Decide di tornare in Italia e di seguire Carlo Mazzone al Napoli. I risultati però non sono quelli sperati, e quando Mazzone viene esonerato anche Giannini lascia la squadra che a fine stagione retrocederà in serie B.

Il principe chiude la sua carriera con la maglia giallorossa, ma non quella della Roma. Viene messo sotto contratto da Lecce con il quale in serie B riesce ad ottenere la promozione.

La partita di addio ed il grande dispiacere

Terminata la sua carriera da calciatore, Giannini sente il desiderio di salutare finalmente il pubblico romanista. Viene organizzata così la sua partita di addio, tra vecchie gloria della Roma e giocatori della nazionale d’Italia 90. In campo tra gli altri Tancredi, Prohaska, Voeller, Righetti, Maldera e Bruno Conti in maglia giallorossa e Franco Baresi, Bergomi, Schillaci e Vierchowod con quella della Nazionale. Nonostante l’assenza di rappresentanti della società l’atmosfera è molto tesa. La Lazio ha da poco vinto lo scudetto ed i tifosi pretendono un rapido cambio di rotta. La contestazione sfocia in violenza, i tifosi invadono e danneggiano il campo, i calciatori rientrano negli spogliatoi e la partita viene sospesa lasciando solo il ricordo delle lacrime del principe.

L’esperienza da allenatore e l’oblio

La carriera di allenatore di Giuseppe Giannini è stata piuttosto anonima. Comincia nella stagione 2004-2005 al Foggia, e viene esonerato a metà stagione. Esperienze altrettanto brevi e negative con la Sambenedettese, in Romania all’Agres, e con la Massese. Gallipoli invece è stata una parentesi positiva, e nel 2008-2009 ottiene una storica promozione in serie B. Nel 2010 siede sulla panchina del Verona ma viene esonerato dopo 5 giornate. Pochissime partite anche sulla panchina del Grosseto, e come selezionatore della nazionale libanese. Le sue ultime esperienze da allenatore sono col Racing Roma in serie D e successivamente al Fondi dal quale si dimette per divergenze con il proprietario.

Al di là di qualche sporadica intervista il Principe è sparito dal mondo del calcio, ed è quasi incredibile ripensando a quello che ha rappresentato per questo mondo da capitano della Roma e da giocatore fondamentale per la nazionale.

Agostino Di Bartolomei - Diba

Agostino Di Bartolomei – Diba

Agostino Di Bartolomei è stato il grande capitano della Roma del secondo scudetto. Per i tifosi della Roma era semplicemente “Ago” o “Diba”, ed il ricordo della sua storia è ancora oggi una ferita aperta, perché quella tragica morte avvenuta per suicidio il 30 Maggio 1994, esattamente dieci anni dopo la finale di Coppa dei Campioni persa contro il Liverpool poteva essere evitata.

Agostino Di Bartolomei
Agostino Di Bartolomei

Di Bartolomei aveva un carattere chiuso e riservato. In campo è stato un grande campione, nella vita un uomo di forti principi. Era un buono Diba, uno di quelli che aveva solo una parola, per il quale rispetto, riconoscenza, onestà erano dei valori imprescindibili. Purtroppo nonostante il suo grande carisma portato per tanti anni come capitano sul campo di calcio, non ha retto a quello che per lui è stato un tradimento da parte di quel mondo del calcio a cui aveva dato tutto e che dopo il ritiro gli ha chiuso tutte le porte in faccia.

Ha aspettato per dieci anni una chiamata dalla sua Roma. Tante idee, tanti progetti sulla scrivania ma quella telefonata non è mai arrivata. Per uno che aveva dedicato la sua vita alla Roma, scendendo in campo in maglia giallorossa 308 volte (146 con la fascia di capitano) segnando 66 goal non era facile da accettare.

Chi era Agostino Di Bartolomei

Agostino era romano e romanista. Ha iniziato a tirare calci ad un pallone nel suo quartiere e successivamente in una società satellite della Roma. Fu notato dal Milan appena tredicenne ma scelse di provare ad entrare nel mondo del calcio professionistico a Roma, e ci riuscì velocemente.

Approdò nelle giovanili giallorosse. Vinse un paio di campionati e ad appena diciotto anni ebbe la grande soddisfazione di esordire in serie A con la sua Roma. Il ragazzino ci sapeva fare, nelle due stagioni che seguono il minutaggio in squadra crebbe, e la Roma per completarne la maturazione lo mandò un anno a giocare titolare in serie B con il Lanerossi Vicenza.

Di Bartolomei tornò alla Roma nella stagione successiva, pronto per diventare un titolare inamovibile della squadra. Centrocampista completo, non velocissimo ma dotato di grande senso della posizione, di intelligenza calcistica, visione di gioco e di quel calcio potente e preciso che nel tempo è diventato un vero e proprio marchio di fabbrica. “Tira la bomba Ago”, urlavano i tifosi. Nel quartiere Tufello di Roma ancora oggi è presente una scritta in ricordo del capitano.

Ago tira la bomba scritta
Scritta sul “Ago tira la bomba

La sua carriera con la Roma


Con la Roma vinse tre Coppe Italia e soprattutto lo splendido scudetto della stagione 82-83 quando venne arretrato dal Barone Liedholm in difesa. Accanto al velocissimo Vierchowod e potè sfruttare tutta la sua sapienza calcistica diventando un fantastico regista difensivo, riuscendo a sfruttare il suo tempismo e senso della posizione in fase difensiva, ed i suoi precisissimi lanci e le conclusioni nei frequenti inserimenti in zona avanzata.

Nonostante le grandi prestazioni con la maglia giallorossa, non fu mai protagonista in maglia azzurra in anni in cui se non si vestivano maglie a strisce era davvero complicato imporsi in nazionale.

Dopo la dolorosa sconfitta in Coppa dei Campioni la Roma cambiò allenatore, e sulla panchina giallorossa arrivò Sven Goran Eriksson, cultore di un gioco veloce e atletico. Per caratteristiche Ago non era adatto a quel tipo di gioco, inoltre la finale con il Liverpool con i rigori aveva lacerato il rapporto con alcuni compagni ed il Presidente Viola decise di cederlo al Milan.

Roma era con lui, nell’ultima partita in maglia romanista, un Roma – Verona finale di Coppa Italia giocata il 26 Giugno 1984 lo salutano con un bellissimo striscione. Pochi mesi dopo si gioca un Milan – Roma, e Diba, in maglia rossonera segna, ed esulta in modo rabbioso, scaricando tutta la frustrazione e la rabbia accumulata per una cessione che aveva vissuto come un tradimento. Molti tifosi non hanno gradito, ed i rapporti con il tifo romanista per qualche tempo si è raffreddato.

Saluto dei tifosi della Roma a Di Bartolomei
ti hanno tolto la roma ma non la tua curva

Ago per sempre nei nostri cuori


L’amore vero però non sparisce mai, ed ancora oggi il nome di Agostino Di Bartolomei è uno dei più amati tra il pubblico romanista. La As Roma lo ha inserito nei primi 11 giocatori della Hall of Fame ed i tifosi nei 16 giocatori più rappresentativi scelti per la coreografia del derby 2015. Ma quei dieci anni di silenzio che hanno lasciato solo Agostino restano e pesano come macigni sulle coscienze di chi non ha saputo capire l’uomo e dargli l’opportunità di mettere il suo grande amore per i colori giallorossi e la sua conoscenza del calcio al servizio della Roma. Chissà cosa sarebbe potuta essere la Roma con un uomo come Di Bartolomei in società. Un grande rimpianto per una storia finita come non doveva finire.

niente parole solo un posto in fondo al cuore
niente parole solo un posto in fondo al cuore

esistono i tifosi di calcio…e poi ci sono i tifosi della Roma

Agostino Di Bartolomei

Bruno Conti marazico

Bruno Conti – Marazico

Bruno Conti nasce a Nettuno il 13 Marzo 1955 e ad eccezione di due stagioni giocate con il Genoa in serie B la sua carriera prima da calciatore e poi da dirigente è sempre stata legata alla Roma dal 1973 ad oggi.

Di Bruno ce n’è uno e viene da Nettuno cantavano i tifosi della Roma in contrapposizione al Bruno (Giordano) che militava nell’altra squadra della capitale. Bruno Conti, o Brunetto era uno dei simboli di quella squadra fortissima che vinse lo scudetto nella stagione 1982-83 e arrivò in finale di Coppa dei Campioni nell’anno successivo.

Le più belle giocate di Bruno Conti

169 Cm di talento erano pochi

Può sembrare incredibile ma Bruno Conti, campione d’Italia con la Roma, campione del Mondo con la Nazionale del 1982, eletto miglior calciatore dei mondiali, soprannominato Marazico per le sue caratteristiche… è stato più volte scartato nei provìni sostenuti nelle società professionistiche.

Anche la Roma inizialmente non fu convinta di quel ragazzino fisicamente non strutturato, ed il “Mago” Herrera decise di non tesserarlo. A porre rimedio alla colossale svista furono Tonino Trebiciani che lo volle fortemente alla Roma e successivamente Liedholm che a dispetto dei 169cm di altezza seppe valorizzare la tecnica brasiliana di Conti rendendolo uno dei più grandi calciatori italiani di sempre.

Bruno Conti in azione

Bruno Conti, una vita con la Roma

La generosità in campo, la rapidità negli scatti, le sue irresistibili serpentine lo fecero diventare in breve tempo un beniamino dei tifosi.

Nei 16 campionati disputati in maglia giallorossa ha collezionato 402 presenze e 47 reti. La sua ultima stagione da calciatore della Roma fu quella del 1990-91 durante la quale è sceso in campo solo una volta. Da allora e fino ad oggi accompagna la Roma ricoprendo tanti ruoli. Allenatore, ambasciatore dei colori giallorossi nel mondo. Il suo incarico più proficuo è stato quello di responsabile del settore giovanile dove il suo fiuto per il talento ha permesso di scoprire una serie infinita di ragazzi diventati negli anni calciatori professionisti.

È stato uno dei primi 11 calciatori ad entrare nella Hall of Fame ufficiale giallorossa il 20 Settembre 2012. Non poteva mancare la sua faccia nella coreografia del derby 2015 che omaggiava i giocatori simbolo della storia della As Roma.

Da Bruno Conti a Bruno Conti Junior

Bruno Conti è il capostipite di una dinastia di calciatori professionisti. Probabilmente il suo nome ha pesato sulle carriere dei figli che non hanno fatto le fortune della Roma. Sia Andrea che Daniele hanno esordito in serie A con la maglia giallorossa. Andrea ha avuto una carriera meno fortunata, mentre Daniele è diventato il giocatore più importante della storia del Cagliari, dove sta muovendo i suoi passi anche il figlio Bruno Conti Junior che sembra pronto a continuare la storia dei Conti in serie A.

francesco rocca - kawasaki

Francesco Rocca – Kawasaki

Franesco Rocca è stato un grande giocatore, ma nel suo ruolo sarebbe potuto diventare uno dei migliori in assoluto di tutti i tempi. Atleta velocissimo e potente, era un giocatore moderno ed inarrestabile. La sua carriera che poteva essere devastante, si è arrestata praticamente sul nascere con un brutto infortunio a soli 22 anni che dopo cinque anni di calvario lo portano ad un prematuro ritiro a soli 27 anni.

Nato a San Vito Romano, Francesco Rocca era un grande tifoso della Roma. La possibilità di diventare un calciatore della sua squadra del cuore gli venne data da Helenio Herrera che lo volle a tutti i costi, e lo fece debuttare giovanissimo nel 1972 nel Torneo Anglo Italiano.

Le qualità di Kawasaki non passavano certo inosservate. Le sue galoppate sulla fascia sinistra, quella capacità di offendere e difendere con la stessa qualità furono notate anche da Fulvio Bernardini allora CT della nazionale. Rocca aveva anche un’altra qualità fondamentale per un calciatore: la testa. Conosceva i suoi difetti e sapeva migliorarsi con il lavoro e così in poco tempo affinò anche la sua tecnica diventando così un giocatore straordinariamente completo per la sua età.

Francesco Rocca – Kawasaki


Nei tre anni successivi al suo esordio Francesco Rocca diventò un beniamino dei tifosi della Roma, e sarebbe diventato certamente uno dei protagonisti del fantastico ciclo di Viola e Liedholm, ma la sorte non era d’accordo.

L’infortunio e il lungo calvario

Durante un Roma – Cesena giocato il 10 Ottobre 1976 Rocca prende una brutta botta nel primo tempo, resta in campo giocando comunque una buona gara, ma il ginocchio fa male. Pochi giorni dopo gioca in nazionale, contro il Lussemburgo, la sua ultima partita in maglia azzurra. Tre giorni dopo, durante un blando allenamento al campo Tre Fontane il ginocchio di Kawasaki va in pezzi. Si accascia a terra in preda a un dolore lancinante e la diagnosi è tremenda: rottura di menisco e legamenti.

Probabilmente oggi questo tipo di infortunio non avrebbe compromesso la sua carriera, ma le conoscenze mediche, gli strumenti chirurgici e la cattiva gestione del recupero non gli consentirono mai più di essere lo stesso.

Francesco Rocca si sottopone negli anni a cinque interventi, torna in campo per brevi periodi ma non ha mai più la possibilità di dare continuità alle sue prestazioni e così, ormai consumato nel morale, decide di abbandonare il calcio il 3 Agosto 1981 a soli 27 anni ed appena 141 presenze in campionato, tutte in maglia giallorossa.

Il suo carattere testaccino caparbio e tenace, e la sua sfortunata carriera lo consegnano alla storia. Entra per primo nella hall of fame della Roma e viene inserito tra i giocatori simbolo della squadra giallorossa nella coreografia del Derby del 2015 che omaggiava i giocatori più rappresentativi.

Finito col calcio giocato diventa tecnico della federazione ed allena tutte le giovanili dell’Italia, comparsa la nazionale olimpica nella sfortunata edizione di Seul del 1988.