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Calciatori

Giuliano Taccola mistero

Giuliano Taccola – Una pagina dolorosa

Giuliano Taccola è una ferita che per i tifosi della Roma sanguina da oltre 50 anni. Attaccante giovane e di grandi prospettive venne acquistato per novanta milioni dal Genoa nella stagione 1967-68.

Taccola era velocissimo, la sua corsa era paragonabile a quella dei centometristi dell’epoca (correva i canto metri in 11 secondi), ed aveva un innato fiuto del goal. Avrebbe potuto fare la storia della Roma sul campo, invece il suo nome è legato ad una delle pagine più dolorose della squadra giallorossa.

Dopo una buona prima stagione chiusa con dieci reti che negli anni sessanta erano un ottimo bottino, Taccola era uno dei giocatori più amati dai tifosi. Le sue prestazioni convincenti, il suo carattere educato e la sua professionalità erano molto apprezzate e sul suo futuro tutti gli addetti ai lavori erano pronti a scommettere.

La seconda stagione romanista iniziò con numeri ancora migliori, sette reti nelle prime dodici partite, ma qui purtroppo si concluse la sua carriera ed iniziò un mistero che ancora oggi non è stato completamente risolto.

Il mistero della sua morte

Nell’inverno del 1969 le condizioni fisiche di Taccola peggiorano repentinamente. Comincia ad accusare stanchezza e febbre intermittente. I medici giallorossi diagnosticano un vizio cardiaco e tonsillite. Lo curano con antibiotici e suggeriscono riposo, ma l’allora allenatore Herrera ha bisogno di lui e preme per riaverlo in campo.

Viene sottoposto a una tonsillectomia ad inizio Febbraio. L’operazione comportò numerose emorragie, ma la febbre continuava ad andare e venire e le pressioni del mister per riaverlo in campo ad aumentare.

Nonostante alcuni svenimenti accusati nei giorni precedenti venne convocato per la sfida contro il Cagliari, l’11 Marzo 1969. Il giorno della gara Giuliano accusò febbre e debolezza, e non riuscì a partecipare all’incontro che scelse di seguire dalla tribuna. Nell’intervallo della partita la tragedia: Taccola accuso un malore, svenne ed andò in arresto cardiaco. A nulla servirono i tentativi di rianimazione da parte dei medici e così il ragazzo perse la vita a soli 25 anni.

Ancora oggi le cause della tragedia non sono chiarite. Nemmeno l’autopsia e le successive indagini hanno potuto stabilire quanto la morte di questo ragazzo sia arrivata per una inevitabile malattia, e quanto per incuria e incompetenza di chi gestiva la sua attività di atleta professionista.

Molti calciatori della Roma accusarono il mago Herrera per aver affrettato troppo il suo rientro sul campo, ed altre voci anche peggiori di doping ed esperimenti farmacologici si sono succedute nel tempo.

Riconoscimenti

Per i tifosi della Roma resta il ricordo della triste storia di questo ragazzo velocissimo che infiammava i cuori con le sue giocate, e a distanza di anni nessuno si è dimenticato di lui.

Presente nei sedici idoli scelti per la coreografia del derby 2015 dedicata alle bandiere giallorosse, ed inserito nel 2018 nella Hall Of Fame della Roma, il nome di Giuliano Taccola e la sua triste storia sono arrivati fino ai giorni d’oggi.

Giancarlo De Sisti detto picchio

Giancarlo De Sisti – Picchio

Giancarlo De Sisti ha diviso il suo cuore calcistico tra Roma e Firenze. Romano di nascita. Romano del Quadraro, classe 1943, Picchio De Sisti aveva nella tecnica il suo principale pregio. La utilizzava nel suo ruolo di centrocampista abbinando calma ed intelligenza calcistica. Piccolo di statura ma agile nei movimenti e dotato di buona corsa, privilegiava un gioco semplice e passaggi corti, ma la sua visione di gioco lo portava a vedere e capire il momento giusto per passaggi smarcanti ai suoi compagni di squadra.

I primi passi con la Roma

La sua carriera da calciatore inizia nelle giovanili della Roma nel 1959 e in due stagioni vince due volte il Campionato Ragazzi ed esordisce a soli 17 anni in serie A. Dall’anno successivo entra definitivamente in prima squadra, aumentando di stagione in stagione il numero di presenze fino a diventare titolare. Con la Roma il suo primo trofeo, la Coppa Italia conquistata nella stagione 1963-64.

Giancarlo De Sisti
stagione 1978-78

9 anni con la Fiorentina

Giancarlo De Sisti è giovane, forte, ed apprezzatissimo dagli addetti ai lavori. Si mette in mostra nei sui anni in giallorosso ed i tifosi lo adorano, ma purtroppo la società non se la passa bene è così nell’estate del 1965 accetta per il suo cartellino 165 milioni di Lire più il cartellino di Benaglia.

Con la Fiorentina si consacra ai massimi livelli. Conquista la Nazionale con la quale diventa campione d’Europa e gioca la finale di coppa del mondo contro il Brasile di Pelè, mentre con la viola vince il campionato nella stagione 1968-69 e la Coppa Italia 1965-66.

Il ritorno a Roma

Nel 1974 siede sulla panchina della Roma Nils Liedholm. Il Barone chiede come rinforzo per il centrocampo il trentunenne De Sisti. L’affare si fa e Picchio torna a Roma dove per cinque stagioni sarà il faro del centrocampo giallorosso.

la carriera da allenatore e dirigente

Subito dopo il ritiro dal calcio giocato De Sisti ricopre il ruolo di direttore tecnico nella sua Roma nella stagione 1979, iniziando a frequentare contemporaneamente il corso per il patentino da allenatore.

Nel 1981 subentra a Carosi alla guida della Fiorentina che porta dalla zona retrocessione al quinto posto. L’anno successivo sfiora lo scudetto. Nella terza stagione lascia l’incarico dopo un problema di salute e solo nel gennaio del 1986 subentra nella panchina dell’udinese dove resterà due stagioni.

Ancora una esperienza da allenatore con la Nazionale Militare nel 1991, per poi chiudere la sua carriera da allenatore con una deludente stagione all’Ascoli conclusa anzitempo con un esonero.

Chiude la sua carriera nella Lazio di Cragnotti nella quale ricopre il ruolo di responsabile del settore giovanile dal 2002 al 2004.

Riconoscimenti

Nel 2015 i tifosi giallorossi inseriscono la sua immagine tra i 16 capitani e bandiere nella coreografia del derby, mentre nel 2016 viene inserito nella Hall of Fame della Roma.

Giacomo Losi - Core de Roma

Giacomo Losi – Core de Roma

Giacomo Losi, per i tifosi giallorossi soprannominato “core de Roma” è il terzo calciatore di tutti i tempi con più presenze della nostra storia dopo Francesco Totti e Daniele De Rossi.

Non era romano di nascita Giacomo Losi, ma di Soncino, un paesino della provincia di Cremona. Classe 1935, di professione difensore eclettico che grazie alla sua intelligenza tattica sapeva destreggiarsi in tutti i ruoli difensivi a dispetto dei suoi 168 cm di altezza, non esattamente il fisico ideale per un difensore.

Calcisticamente nasce nella Cremonese, ma calca i campi di serie A per la prima volta e per tutta la carriera con la maglia della As Roma diventandone presto un’icona. Talmente grande il feeling con i tifosi della Roma che in occasione di un Roma – Sampdoria in cui da infortunato resta in campo per far numero (le sostituzioni non esistevano) e segna il goal del 3 a 2 per la Roma saltando praticamente con una sola gamba guadagnandosi un posto nella leggenda ed il soprannome di “core de Roma”. Anni dopo l’immenso onore riservato dalla curva sud che nella stupenda coreografia nel derby dell’11 Gennaio 2015 espone fiera la sua effige insieme ad altri 15 grandi capitani e figli di Roma.

Le 471 presenze in maglia giallorossa maturate in quindici stagioni, nelle quali ha vinto due Coppe Italia (1963-64 e 1968-69) e una Coppa delle Fiere (1960-61) gli garantiscono un posto nella Hall of Fame giallorossa.

Giacomo Losi conquista la Coppa delle Fiere

Fuori dal campo Losi era un ragazzo timido e riservato, ma in campo e nella vita era un leone. Poco più che ragazzino aiuta i partigiani nella seconda guerra mondiale portando le munizioni distinguendosi per il grande coraggio.

Consegnata tutta la sua carriera alla causa romanista Losi ha intrapreso con successo la carriera da allenatore tra serie B e serie D ed ancora oggi collabora con una scuola calcio collegata alla Roma.

Amedeo Amedei – Il Fornaretto

Amedeo Amedei (Frascati, 26 luglio 1921 – Grottaferrata, 24 novembre 2013) è stato uno dei più grandi giocatori della storia giallorossa. Centravanti del primo scudetto ha segnato con la maglia della Roma 115 reti. E’ tutt’oggi il calciatore più giovane ad aver segnato in serie A e della massima serie è il 13mo miglior marcatore di sempre con 174 goal.

Soprannominato “il Fornaretto” per le sue origini, ha vestito la maglia della Roma per 224 volte fino al 1948, per continuare poi la sua attività da calciatore con Atalanta Inter e Napoli.

Nonostante le esperienze con le altre squadre il suo legame con la Roma non tramontò mai.

<<Quando passai all’Inter e poi al Napoli, misi subito le cose in chiaro: il giorno che incontreremo la Roma io non giocherò, dovesse pur essere una partita decisiva per lo scudetto. Non potete pretendere che io pugnali mia madre>>

Amedei era un giocatore ambidestro, molto tecnico ed estremamente veloce. Una delle sue specialità erano i calci di punizione a spiovente calciati sopra la barriera, è stato uno dei migliori giocatori italiani di tutti i tempi.

Mario De Micheli - Er Faciolaro

Mario De Micheli – Er Faciolaro

Mario De Micheli, testaccino verace, è stato un terzino dal temperamento grintoso e spavaldo. Calcisticamente nasce nella Fortitudo, e nel 1927 viene selezionato tra i calciatori che faranno parte della neo nata Roma calcio.

I tifosi giallorossi dell’epoca hanno amato Mario De Micheli non solo per le qualità tecniche e la straripante potenza fisica, ma soprattutto per il suo coraggio in campo. In un’epoca senza Var e Tv il comportamento in campo non era esattamente come oggi, ma lui non aveva paura di nulla.

Mario De Micheli era soprannominato “Er Faciolararo” perchè il padre aveva un magazzino di legumi a 1piazza San Cosimato.

I suoi valori erano lealtà e correttezza, pretendeva rispetto e le otteneva anche con maniere forti. In un derby giocato nel 1931 prese a schiaffi un funzionario della Lazio che era entrato in campo togliendogli il pallone, e quando c’era da prendere le difese di qualche compagno lui era il primo ad accorrere, e non certo per placare gli animi.

Mario De Micheli “Er Faciolaro”

E’ stato uno degli eroi di Campo Testaccio ed in campo da protagonista nel celebre 5-1 alla Juventus.

Nell’inno del Campo Testaccio a lui viene dedicata la strofa “De Micheli scrucchia ch’è un piacere”, dove scrucchiare in trasteverino significa che anche quando provavano a fermarlo, lui riusciva a passare lo stesso.

Ha difeso la maglia giallorossa per 75 volte tra il 1927 e il 1932 prima di chiudere la carriera nel Civitavecchia.

Con la Roma vince la Coppa Coni nel 1928. La sua “cattiveria” calcistica e la sua tenacia leggendaria lo fanno entrare nella Hall of Fame giallorossa nel 2018.

I tifosi della Roma che non hanno avuto il piacere di ammirarlo in campo lo hanno omaggiato nella coreografia del derby del 2015 a ricordo dei “Figli di Roma Capitani e Bandiere”.

Rodolfo Volk - Sciabbolone

Rodolfo Volk – Sciabbolone

Sciabbolone Volk è stato il primo grande centravanti della storia romanista. Fu uno degli eroi di Campo Testaccio, ed è considerato uno dei più grandi attaccanti della storia della serie A. I suoi 106 goal realizzati in appena160 partite lo collocano al quinto posto nella classifica marcatori di tutti i tempi della Roma, ma al primo come media realizzativa. Tanto per rendere l’idea la sua media di 0,66 goal a partita risulta superiore a quella di fenomeni assoluti come Ibrahimoviç, Suarez, Van Basten, Batistuta ecc.

Rapido nei movimenti, dotato di un tiro secco e deciso era un centravanti completo, che “sentiva” la porta anche di spalle e che poteva segnare da qualunque posizione.

Io non penso, io tiro

Rodolfo Volk

Il soprannome “Sciabbolone” gli fu dato in contrapposizione al soprannome “Sciabboletta” con cui era dispregiativamente chiamato Re Vittorio Emanuele III di Savoia. Per altri Volk era semplicemente “Sigghefrido”, versione romanesca di Sigfrido, un eroe epico della mitologia germanica.

Rodolfo Volk nasce a Fiume il 14 Gennaio 1906 e calcisticamente cresce nel Gloria Fiume dove esordisce tra i professionisti realizzando 10 goal in 15 presenze nella Seconda Divisione.

Si trasferisce a Firenze dove svolgeva il servizio militare. Gli impegni con l’esercito non gli consentono di giocare con continuità ma comunque con la maglia della Fiorentina è artefice di un ottimo campionato concluso con 11 reti in appena 14 presenze (disputate con lo pseudonimo Bolteni).

Torna nella sua città natale e con la fiumana gioca e conclude il suo terzo campionato consecutivo in doppia cifra, con 16 goal in 16 presenze, finendo inevitabilmente sotto i riflettori del calciomercato.

Rodolfo Volk e la Roma

Se lo contendono Roma e Napoli, e la disputa è talmente aspra che alla fine sarà necessario l’intervento della Federazione per mettere fine alla controversia decretando il passaggio di Volk alla Roma e quello del compagno di squadra Mihalich al Napoli.

Con la Roma furono 5 stagioni di altissimo livello, arricchite da soddisfazioni personali come il primo goal in assoluto realizzato a Campo Testaccio, il primo goal in un Derby segnato nel 1929 o il titolo di capocannoniere vinto nella stagione 1930/31.

Da sempre amato dai sostenitori giallorossi la sua effige è tra le 16 che composero la coreografia del derby del 2015 dedicata ai capitani e alle bandiere della Roma.

Il Finale di Carriera

Dopo una stagione al Pisa nel 1933 in Prima Divisione e una breve e deludente parentesi in serie A con la Triestina terminata con un solo goal ed appena 6 presenze torna a casa e gioca altre sei stagioni nel Fiumana in serie C, confermando le sue innate doti di bomber con 90 goal in 161 partite.

La Morte

Particolarmente toccante la sua fine. Morì a Nemi nel 1983 in un ospizio, in miseria e solitudine. Le sue gesta avrebbero meritato ben altro, la Roma gli riconosce il grande onore della Hall of Fame inserendolo nel 2018 tra i “grandi” della nostra storia.

fulvio bernardini - fuffo

Fulvio Bernardini – Fuffo

Fulvio Bernardini nasce a Roma il 28 Dicembre 1905. Come si usava allora, allo scopo di guadagnare un anno, viene registrato all’anagrafe il 1 Gennaio 1906.

Soprannominato “Fuffo” o “Professore” (per via della sua laurea in scienze economiche), Bernardini è stato un grande centrocampista che con la maglia della Roma ha giocato ben 294 partite e realizzato 47 goal.

Fulvio Bernardini

Il capitano delle due sponde del Tevere

L’inizio della carriera calcistica di Bernardini è caratterizzato da alcune scelte poco felici, alle quali ha saputo porre rimedio nel tempo: inizia a giocare a calcio nella Lazio, e come portiere.

Correva l’anno 1919, e il Professore che fino ad allora aveva giocato in porta con l’Exquilia (la squadra del suo quartiere) era intenzionato a sostenere un provino con la Fortitudo. Recatosi al campo trovò però il cancello chiuso, e decise di andare a sostenere il provino alla Lazio.

Alla Lazio restò fino al 1926, giocando oltre 100 partite e indossando anche la fascia da capitano. La sua classe e le sue qualità fisiche lo resero appetibile per le squadre del nord, e così, conteso da Juve ed Inter, scelse di firmare per i nerazzurri con i quali disputò due stagioni segnando ben 27 goal. Si racconta inoltre che notò nelle giovanili un giovanissimo Giuseppe Meazza, e che fece molte pressioni al tecnico Weisz per aggregarlo in prima squadra.

Nel 1928 fu acquistato dalla Roma, ed insieme a Ferraris IV costituì una formidabile coppia di centrocampo, rimasta nella leggenda come l’anima della Roma testaccina.

Bernardini fu il primo grande acquisto della Roma, voluto dal presidente Renato Sacerdoti. Dopo l’accoglienza trionfale ricevuta dai tifosi, diventò capitano giallorosso su richiesta dello stesso Ferraris IV diventato poi suo inseparabile amico.

“A Fù, tu sei er mejo: er capitano fallo tu. E poi, a me, me rompe pure li cojoni”

Ferraris IV

Giocatore molto alto per l’epoca con i suoi 178cm dominava di testa, e oltre a possedere una tecnica raffinata con entrami i piedi (il preferito era il sinisto) ed un naturale fiuto per il goal, aveva un grandissimo senso della posizione, e una visione di gioco che sfruttò successivamente anche nella sua carriera da allenatore.

“Quando eri in difficoltà che cosa è che facevi? A chi passavi il cerino? Palla a Fulvio Bernardini, poi se la vedeva lui”.

Giorgio Carpi

Bernardini allenatore

Fuffo Bernardini oltre ad essere stato un grande calciatore, ha lasciato anche un’impronta indelebile come allenatore. Da tecnico riuscì anche ad avere le soddisfazioni personali che la sua carriera di calciatore non gli aveva dato. Vinse due campionati con Fiorentina e Bologna, ed una coppa Italia con la Lazio. Con la Viola arrivò anche alla finale della Coppa dei Campioni.

Curiosamente come era stato quando era giocatore, anche da allenatore si sedette su entrambe le sponde del Tevere allenando la Roma giovanile nella stagione 1949-50 e la Lazio dal 1958 al 1960.

Riconoscimenti in giallorosso

Nel 1984 Dino viola gli intitolò il centro sportivo di Trigoria, mentre nel 2012 è stato inserito nella Hall of Fame della squadra giallorossa. Non poteva mancare il suo ritratto nella coreografia del derby del 2015 che rendeva omaggio ai grandi capitani romanisti.

Attilio Ferraris il primo capitano della Roma

Attilio Ferraris – Ferraris IV

Attilio Ferraris è il primo grande capitano della Roma. Proveniente dalla Fortitudo (una delle società protagoniste della fusione che ha portato alla nascita della AS Roma) di professione centrocampista, è stato protagonista insieme all’amico Fulvio Bernardini della Roma di Campo Testaccio. E’ stato anche il primo giocatore della Roma a vestire la maglia della Nazionale laureandosi anche campione del mondo nei mondiali del 1934.

Quando era ancora minorenne Attilio Ferraris rischiò di andare alla Juventus. Due incaricati della vecchia signora si recarono alla bottega del padre presentando un’offerta di ben 20.000 Lire (altissima per i tempi) facendo leva sulle origini piemontesi che il cognome Ferraris richiamava. Per nostra fortuna riportarono a Torino le 20.000 lire e Ferraris IV rimase nella squadra della sua città.

Ferraris incarnava perfettamente il carattere grintoso e generoso del romano. In campo metteva cattiveria e determinazione, fuori dal campo era un ragazzo brillante e generoso, che amava la vita fino ad eccedere. Donne, auto di grossa cilindrata fumo e gioco d’azzardo erano oltre il calcio le sue passioni.

“Se avessi ancora i soldi persi a poker, ai cavalli e ai cani, ma sai quanti soldi me giocherei ancora!!!”

Attilio Ferraris il primo capitano della Roma
Sembra l’immagine di un playboy più che di un atleta, ma Attilio Ferraris era tutte e due le cose.

La vita privata di Attilio Ferraris poco si conciliava con lo sport, era un ribelle, saltava spesso gli allenamenti e si scontrava con i suoi allenatori. Possiamo descriverlo come un Radja Nainggolan all’ennesima potenza. Sregolato nel privato ma che in campo dava tutto e proprio per questo amatissimo dal suo pubblico.

Dopo 198 partite con la maglia giallorossa e dopo il mondiale del 1934 vinto da protagonista viene purtroppo ceduto alla Lazio per 150.000 Lire “macchiando” in qualche modo la sua carriera con 39 presenze in biancoceleste. Nel 1938 tornò nella sua Roma dopo una piccola parentesi al Bari, giocando altre 12 partite dalla parte giusta del Tevere.

Morì in campo durante una partita tra vecchie glorie a soli 43 anni l’8 Maggio 1947, consegnando la sua storia alla leggenda.