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Interviste

Roma Liverpool 84

UN ROMANZO GIALLOROSSO (intervista)

L’11 dicembre 2021 è stato pubblicato sulla rete di distribuzione Amazon il romanzo Saturno se ne frega – il grande ritorno anulare, una storia a tinte giallorosse. L’autore, con lo pseudonimo di Celestino Barbaron, ha costruito l’intreccio di una storia ai limiti della fantascienza, che prende vita in una Roma travolta dalla pandemia di Covid-19 per arrivare nel cuore degli anni ’80.La trama promette di affrontare diversi temi: l’amicizia, la famiglia, il legame con il proprio quartiere, quello con la città eterna, il magico e l’impossibile…

In estrema sintesi il protagonista, Tommaso Bernardino, viene coinvolto in un incidente stradale con un veicolo che viaggia contromano sul Grande Raccordo Anulare. Scoprirà che quello è un modo sorprendente per viaggiare nel tempo. Le vicende successive lo porteranno ad avere sia la giusta motivazione che l’estrema disperazione per compiere la folle impresa. Sarà un tuffo nostalgico negli anni ’80 che farà riemergere abitudini e usanze di un periodo che ha segnato tutti quelli che lo hanno vissuto.

Tra le imprese in cui il protagonista vorrà cimentarsi ce ne è una che ci è particolarmente cara: cambiare le sorti della finale di Coppa dei Campioni del 1984. Roma Liverpool. L’uomo, su cui ruota l’intera narrazione, è un tifoso della AS Roma e l’amore verso la squadra giallorossa permea l’intero romanzo. Ne parliamo direttamente con l’autore a cui abbiamo rivolto le seguenti domande.

Che ruolo ha l’amore per la Roma nel romanzo?

Direi che la prima idea, la prima scintilla per la nascita di questa storia è nata da lì. Mi sono detto: “voglio scrivere una storia in cui qualcuno torna indietro nel tempo con il desiderio di cambiare le sorti di quella partita”. Un desiderio inconfessabile, persino fanciullesco se vogliamo, ma potente. Quella finale di Coppa dei Campioni è una ferita ancora aperta in ogni tifoso giallorosso,perciò tentare di cambiarla, almeno nella fantasia, mi è sembrato un modo per cercare di cicatrizzarla e per permettere, a chiunque volesse, di poterla sfoggiare con un motivo di vanto in più. Perché quello che siamo, in definitiva, è anche frutto di quella notte maledetta e magnifica. Avevo poco meno di undici anni all’epoca. Il ricordo di quella giornata e di quella successiva sono ancora fortemente vivi in me. Ho dedicato alcuni capitoli proprio alla descrizione di quella fanciullesca sofferenza. Il lettore avrà la possibilità di rivivere il 31 maggio del 1984 con gli occhi del protagonista bambino, per poi rivivere il 30 maggio con quelli dell’adulto intento a cambiare il destino di quella finale.
L’amore per l’AS Roma permea però tutto il romanzo e non solo per questa singola partita. Ad esempio incontriamo per la prima volta il protagonista proprio all”Olimpico. Nella semifinale di Champions League del 2018… guarda caso sempre con il Liverpool e anche questa volta con un esito negativo. Un altro personaggio importante sarà immerso in un Roma-Inter vinto con una bomba su rigore del grande Ago. C’è Roma-Dundee mentre accadono altri fatti importanti. Ci sono altrettanti eventi crucialia Trigoria dove i tifosi avranno un ruolo decisivo sulla missione del protagonista.

Tra i personaggi del libro ci sono anche volti noti e amati di quella Roma, giusto?

Certo che sì. In primis Nils Liedholm. Personaggio chiave per questa vicenda. Con lui il protagonista riuscirà a instaurare un certo tipo di rapporto. Ma nei dialoghi del romanzo c’è spazio per piccole battute anche di altre star dell’epoca. Agostino, Bruno, Ciccio… persino il Divino. Non ci crederai, ma c’è spazio in qualche modo pure per Mourinho. Insomma, per cambiare le sorti di quella partita il protagonista ha dovuto studiare bene la faccenda. Del resto, cosa fareste voi, avendone la possibilità, per dare un corso diverso a quel Roma Liverpool?

Anche tu hai studiato però?

Tutte le vicende narrate sono frutto di fantasia, ma moltissimi degli eventi narrati sono reali. Questo rende la fiction stessa più credibile nel suo contesto immaginario. La risposta è quindi sì. Ho studiato parecchio. Mi sono rivisto la partita intera per altre quattro volte, tanto per dirne una… e ogni volta è stata una sofferenza. Ma lo studio è andato oltre, andando a ricercare delle chicche che però non vi posso anticipare. 

E i tifosi?

I tifosi della Roma sono la Roma. Sono ovunque perché Tommaso è uno di loro. Inoltre, il romanzo sarà l’occasione per dare una ripassata a certi cori da Stadio di una volta. Sarà l’occasione per partecipare a discussioni tra il protagonista e i suoi amici che fanno parte del nostro quotidiano. Discuteranno di plusvalenze, di colpe, di nostalgia dei tempi andati, del desiderio di vincere e di quello di essere quello che si è. Mi sono chiesto più volte: se quel Roma Liverpool l’avessimo vinto, saremmo stati gli stessi di oggi? È una domanda che mi fa paura, perché a volte penso che certe ‘sliding doors’ potrebbero portarti bacheche più cariche di trofei, ma anche anime meno ricche. A volte mi cullo nell’idea che la Roma non abbia vinto così tanto nella sua storia per tutelare i tifosi migliori del mondo. Per lasciarli tali: i migliori. Forse così un giorno arriveremo a vincere senza mai dimenticare quello che siamo stati.

Nel romanzo però non c’è solo l’AS ROMA, ma anche la città di Roma, a partire dal GRA

Il Raccordo è magico, come la Roma. Del resto, solo la Roma e il GRA ci fanno sentire uniti anche se siamo lontaniJ. Quanti di noi hanno avuto la sensazione che sul Raccordo il tempo trascorra in maniera diversaE‘ un posto magico e infatti l’ho fatto diventare un portale temporale. Meno male che ci sono le radio romane a tenerci compagnia, anche quelle faranno la loro comparsa nella storia. Oltre al GRA ci saranno altri luoghi importanti per le vicende narrate. Porta Portese ad esempio, ma anche San Lorenzo. E i quartieri di periferia: luoghi natii del protagonista: Settebagni e Castel Giubileo.

E ovviamente non si parla solo di Roma e della Roma…

Esatto. Cosa fareste voi se poteste tornare indietro nel tempo? Negli anni ’80? Ve lo dico io… la prima cosa è che vorreste diventare ricchi sfondati con Totocalcio, Totip e il mitico picchetto… e poi magari oltre a voler cambiare le sorti di quel RomaLiverpool vorreste provare a cambiare altro. Be’ il protagonista tenterà di cambiare le sorti del Festival di Sanremo, proverà a salvare una vita così importante per il suo migliore amico. Cercherà di incontrare se stesso e di disinnescare soprusi… insomma, forse quello che farebbe ognuno di noi.

Per concludere: il protagonista resterà nel passato o tornerà da dove è venuto?

Ora mi chiedi troppo 😉

Il CUCS si confessa


 


IL CUCS SI CONFESSA
(“Giallorossi”, Marzo 1981)
“Quando finirà la nostra storia, inizierà la nostra leggenda”
– Come, quando e perché è nato il Commando Ultrà Curva Sud?
CUCS: “La sua nascita risale esattamente al 9 gennaio del ‘77. All’Olimpico si giocava Roma-Sampdoria, una gara che i giallorossi vinsero per 3-0. Fino a quel giorno in Curva Sud c’erano sparsi molti gruppi di ragazzi; vale la pena di ricordare i Boys, i Fedayn, la Fossa dei Lupi, le Pantere, i Guerriglieri ed altri ed ognuno per proprio conto pensava a tifare Roma, con quanto più amore era possibile. Poi decidemmo di unirci tutti insieme e formare un gruppo unico in maniera tale che il nostro incitamento fosse non solo omogeneo e costante ma ben più potente. Il nome? ce ne erano molti in “lista”: ognuno dei capi dei gruppi che nominavamo prima aveva fatto una proposta, aveva dato la sua idea; poi tutti insieme decidemmo che il migliore fosse Commando Ultrà Curva Sud anche perché era del tutto inedito. Nei primi tempi potevamo contare su soli 5 tamburi, più ovviamente bandiere e lo striscione. Ora le cose sono cambiate: ufficialmente iscritti al CUCS siamo più di trecento, ma per comprendere quanti in realtà siamo basta dare uno sguardo la Domenica alla Sud. Da un po’ di tempo poi il CUCS è stato diviso in sezioni: praticamente in ogni quartiere di Roma esiste una nostra sezione, ma molto attive sono anche quelle dei Castelli Romani e di Cassino. Nostri affiliati sono comunque anche fuori del Lazio, specie in Lombardia e Piemonte”.
– Chi vi finanzia? Come andate avanti?
CUCS: “Siamo completamente autofinanziati. Non riceviamo soldi da nessuno. Le nostre entrate derivano esclusivamente dalla vendita di adesivi, magliette con stampato “ultrà”, medagliette, sciarpe e altre cose. Tutto quanto ricaviamo ci serve per organizzare le trasferte (i nostri affiliati usufruiscono di uno sconto) o per riparare le pelli dei tamburi che ogni Domenica si rompono o per comperare del materiale che ci permette di fare un tifo sempre più folkloristico e pittoresco”.
– I vostri rapporti con la Roma-società?
CUCS: “Sono improntati alla massima autonomia. C’è comunque molto dialogo e questo va a tutto  del Presidente Viola che ha sempre intrecciato con noi un discorso, cercando di capire i nostri problemi e di aiutarci per quanto gli è possibile, dandoci magari dei consigli su come lui vorrebbe fosse il nostro tifo. Una persona davvero eccezionale”.
– E con i Roma Club?
CUCS: “Ottimi, ma anche in questo caso c’è completa autonomia. Il nostro gruppo non ha niente a che fare con i circoli del tifo organizzato. Magari ci sentiamo quando c’è da fare un qualcosa di veramente folkloristico che implica un loro minimo aiuto, ad esempio come è accaduto di recente per portare le nostre scritte a bordo campo ove loro hanno più facilità di accedere”.
– Perché “ultrà”?
CUCS: “Perché ultra significa “oltre”, perché significa di più e noi diamo di più del tifoso normale. Perché per noi la prtita comincia una settimana prima, perché noi seguiamo la Roma ovunque a qualunque distanza e con qualunque tempo, perché noi voltiamo le spalle alla gara per poter organizzare meglio i nostri canti, i nostri cori di incitamento, perché noi facciamo di pù di quello che fa il tifoso normale, anche se lo rispettiamo perché anche se non canta insieme a noi ama lo stesso la Roma, perché anche se preferisce vedersi l partita comodo dalla tribuna invece che dalle gradinate della curva professa la nostra stessa fede. Però lo critichiamo quando si lascia andare (e quest’anno non ne aveva davvero ragione) a fischiare se la squadra non riesce a vincere. Noi questo non lo tolleriamo: la Roma si ama sempre e comunque. Ecco , forse anche per questo siamo ultrà”.
– Ultrà si nasce o si diventa?
CUCS: “Tutto sta a comprendere in quale maniera uno voglia tifare la Roma: a noi piace cantare, gioire e magari piangere con essa, ad altri no. Si può essere ultrà ad 8 come ad 80 anni: tutto dipende da cosa uno sente dentro”.
– A proposito di età: che media hanno i ragazzi e le ragazze del Commando?
CUCS: “Diciamo che si aggira sui 17-18 anni; d’età superiore ce ne sono pochi perché magari crescendo vengono a mancare gli stimoli, si hanno altri interessi. Quello che però è certo è che il Commando potrà sempre contare su un grosso numero di ragazzi in virtù di una logica ben precisa dettata dal tempo: chi adesso ha 12-13 anni tra poco tempo prenderà il posto di quanti nel frattempo saranno diventati più adulti: quando poi anche quelli non vorranno più star con noi al loro posto troveremo coloro che adesso hanno magari 8-9 anni, e così di seguito”.
– Cos’è la Roma per voi: mito, leggenda, fede, un credo?
CUCS: “E’ sicuramente un credo, altrimenti non si spiegherebbe come potremmo seguirla sempre e ovunque nonostante le sconfitte, i chilometri, il freddo e, perché no?, i problemi economici”.
– Cosa dice il Vangelo dell’ultrà?
CUCS: “Che la Roma va sempre amata, anche oltre misura ed anche quando non se lo meriterebbe. Per noi la Romaè un amore incontenibile, una malattia da cui difficilmente si riesce a guarire”.
– Perché la violenza negli stadi?
CUCS: “Perché ormai la violenza è dilagata ovunque, anche nelle strade e per rendersene conto basta sfogliare qualsiasi giornale. Anzi, quella che c’è negli stadi è sicuramente minore: il violento di strada che viene fra noi trova sempre 40-50 ragazzi che lo controllano, che cercano di persuaderlo. Sotto questo aspetto il nostro gruppo è una valvola di sicurezza. Unpotenziale di violenza, inutile negarlo, è presente in goni stadio italiano: a Roma c’è comunque in una percentuale veramente minima e ne è dimostrazione il fatto che la società per colpa dei tifosi sono anni che nonprende una multa”.
– Perché i cori non proprio amichevoli lanciati all’indirizzo degli avversari?
CUCS: “Duemila anni fa negli antichi stadi romani si usava il pollice verso o no per decidere della sorte dell’avversario: era sicuramente un fatto emotivo, come lo è ad esempio ora il “devi morire”. Non si tratta tanto di voler veder morto questo o quell’avversario quanto scoraggiarlo affinché la nostra squadra da questa sua condizione possa trarne dei vantaggi. Eppoi una persona che si presenta davanti ad 80mila persone sa benissimo che può andare incontro a rischi di questo genere: l’attore se in palcoscenico sbaglia viene fischiato, nello stadio l’atleta avversario rischia di beccarsi un coro che può contribuire a farlo sbagliare. A Roma fortunatamente di rischi corre solo questo…”
– Qual’è secondo voi la ricetta che potrebbe portare all’allontanamento della violenza dagli stadi?
CUCS: “Un ingrediente giusto potrebbe essere sicuramente una maggiore collaborazione tra la società e i gruppi di ragazzi. Un po’ quello che sta facendo la Roma, che ha aperto con noi un dialogo, sforzandosi di capire quali sono i nostri problemi, anche se ci soino delle divergenze visto che sotto certi aspetti la vediamo in maniera differente. Ma l’importante è intrecciare un discorso”.
– Quel 28 ottobre 1979…
CUCS: “Una data che difficilmente riuscirà a cancellarsi dalle nostre menti. A distanza di un anno e mezzo possiamo affermare che tutto quanto è successo quel giorno all’Olimpico è stato l’amarissmo frutto di tutta una serie di incredibili circostanze sfortunate. E’ stato dimostrato che il razzo che uccise il povero Paparelli, e razzi come quello erano già stati lanciati in molti altri stadi italiani da altre tifoserie, non era direzionabile. Mai e poi mai c’è stata quindi intenzionalità Avevamo raggiunto un grado di organizzazione così elevato che sarebbe stato veramente impensabile e stupido farlo crollare con un simile atto. La morte di Paparelli è stato un vero e proprio trauma che ci porteremo sempre dietro, perché non va dimenticato che fuori dallo stadio, ognuno ha la propria vita, chi studia, chi lavora, o chi è alla ricrca di un lavoro. Ci ha maturato parecchio, questo indubbiamnte: ci ha fatto comprendere quanto fosse stupido mischiare sport e violenza. Siamo molto avviliti per quanto è successo, ma non ci sentiamo affatto colpevoli e per questo continuiamo ad andare allo stadio, anche se molti avrebbero preferito non farlo più, proprio perché ci sentiamo con la coscienza a posto. Del resto né prima né dopo quel derby nessuno aveva e ha ragione di lamentarsi nei nostri confronti. Anzi da allora abbiamo collaborato e collaboriamo tuttora con le forze dell’ordine e con il servizio dei Roma Club, sempre spontaneamente questomvogliamo sottolinearlo, affinché all’interno dello stadio tutto fili nella maniera migliore. Nonostante questo ancora oggi siamo visti come il fumo negli occhi da tantissima gente: pensate poi che la Domenica allo stadio non ci fanno più portare il nostro striscione perché dicono sia offensivo, anche se in altri stadi d’Italia la gente entra con i coltelli, e qunidi con l’intenzione di usare violenza se ne capita l’occasione, o con volantini e striscioni veramente violenti e nessuno se ne accorge o dice nulla! Stessa sorte tocca ogni Domenica alle nostre sciarpe, ai megafoni che ci vietano di portare con noi. Ma restiamo tranquilli e non vogliamo creare nessuna polemica tanto è vero che prossimamente verrà inaugurato un nuovo striscione: quello con la scritta Commando Ultrà Curva Sud lo metteremo per nostra volontà in naftalina e al suo posto ne innalzeremo uno nuovissimo, senza alcuna scritta “minacciosa”… Il nome lo stiamo vagliando (sarà “I Ragazzi della Sud”, n.d.r.), ma la decisione finale non dovrebbe tardare a giungere. Il nostro scopo, sia ben chiaro, è soltanto quello di tifare la Roma e accuse tipo “banda armata” come ci ha definito un quotidiano nei giorni seguenti la morte di Paparelli ci fanno male: evidentemente non hanno capito nulla di noi. Se dovessimo dare una definizione del nostro gruppo non esiteremmo un attimo nell’affermare che CUCS significa fedeltà giallorossa. Noi vogliamo soltanto tifare la Roma; la Sud è il cuore della Roma, noi siamo il cuore della Sud”.
– Qual’è il vostro sogno sotto l’aspetto del tifo?
CUCS: “Uno stadio intero che canti e partecipi come ed insieme a noi. Un po’ quanto è accaduto in occasione di Roma – Carl Zeiss Jena: uno spettacolo indimenticabile! Il nostro sogno è insomma uno stadio ultrà, o quanto meno che la Curva Sud diventi la curva ultrà”.
– C’è chi afferma che per gruppi come il vostro lo sport preferito sia la “caccia al tifoso avversario”. Cosa rispondete?
CUCS: “E’ una menzogna! Nel nostro caso non è affatto vero: il nostro sport preferito è quello che ci permette di battere sugli spalti la tifoseria avversaria. Cosa che, modestamente, ci riesce abbastanza spesso”.
– C’è nelle vostre azioni la voglia, la tendenza a voler sopravvalutare Roma-città sulle altre città?
CUCS: “Sì, indubbiamente. Vogliamo che Roma, sotto tutti gli aspetti, compreso quindi anche quello sportivo, sia la capitale del mondo. Noi romani, e romanisti, siamo i più forti del mondo!”.
– Cosa vi sentite di dire a quei genitori che per timore non mandano i loro figli allo stadio?
CUCS: “Sinceramente comprendiamo queste loro titubanze perché magari alla TV o sui giornali vedono spettacoli indecenti di violenza negli stadi. Ma a Roma queste cose non esistono! A questi genitori noi diciamo: provare per credere, venite prima voi e poi manderete i vostri figli”.
– Due parole che vorreste tutti ascoltassero?
CUCS: “Anche tu con noi per la magica Roma!”