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Giuseppe Giannini – Il Principe

In qualunque storia che si rispetti, il personaggio del Principe è solitamente quello che garantisce il lieto fine salvando e sposando la principessa. Nella storia della Roma però, il Principe Giuseppe Giannini probabilmente ha raccolto qualcosa in meno di quello che avrebbe meritato.

Giannini è stato un calciatore fantastico. Talento allo stato puro, intelligenza calcistica superiore e tanto tanto amore per la Roma. Purtroppo per lui, non è stato fortunato perché la sua carriera calcistica si colloca tra la grande Roma di Viola del secondo scudetto e quella di Sensi del terzo, che ha sfiorato ma delle quali non ha potuto far parte per motivi anagrafici. La Roma di quegli anni raramente è stata competitiva per i primi posti nonostante la presenza di qualche campione come appunto Giannini, Voeller e Aldair, ma con una qualità complessiva non all’altezza.

Nonostante tutto il Principe, è riuscito a vincere con la Roma qualche Coppa Italia e può definirsi Campione d’Italia 1982-83 anche se in quella stagione non venne mai schierato in campionato.

L’esordio del Principe Giannini

Giannini nasce il 20 Agosto 1964 nel quartiere Triste, e si trasferisce a 3 anni a Frattocchie. Qui inizia a muovere i primi passi da calciatore nel Santa Maria delle Mole. Il suo talento è evidente, ed approda giovanissimo nell’Almas Roma su segnalazione di Luciano Tessari (vice-allenatore di Nils Liedholm).

Giannini, ad appena 14 anni, era considerato il miglior talento Italiano in prospettiva, e sono tante le squadre che si interessano a lui, in particolare il Milan (con il quale sostiene anche un provino) e la Lazio. La Roma fu brava ad approfittare di un rallentamento della trattativa col Milan e dell’addio di Moggi alla Lazio. Il responsabile del settore giovanile Giorgio Perinetti convinse il presidente Viola ad offrire ben 40 Milioni di lire per accaparrarsi il giovanissimo calciatore.

L’esordio in serie A con Liedholm 

Era la stagione 1981/82, quella successiva allo scudetto perso per il gol annullato a Turone, ed Il Barone Liedholm stava costruendo la fantastica squadra che poi avrebbe vinto lo scudetto l’anno successivo. Il gioco di Liedholm  si basava molto sulle qualità tecniche, ed il tecnico fu colpito dall’eleganza dei movimenti del giovane Giannini, al punto di inserirlo in campo in una partita con tanti assenti nella prima squadra. Era il minuto 56 di un Roma Cesena giocata il 31 gennaio 1982, e Giannini collezionò la prima delle sue 437 presenze in maglia giallorossa.

Purtroppo non fu un esordio fortunato, e per un malinteso a centrocampo proprio tra Giannini e Falcao la Roma perse la partita. Le critiche per quella partita furono piuttosto pesanti, e per preservare il giovane calciatore venne deciso di rimandarlo in Primavera per continuare il percorso di crescita. Giannini con la Primavera vinse il Torneo di Viareggio ed il Campionato, ma potè partecipare soltanto di riflesso ai successi della prima squadra.

Eriksson e la consacrazione

Finita l’era Liedholm la Roma deve rinnovarsi. Non c’é più Di Bartolomei e tanti giocatori chiave come Falcao sono ai margini. Il talento del Principe trova sempre più spazio e nonostante una stagione deludente Giannini gioca e convince diventando titolare della sua squadra del cuore.

La stagione successiva è quella della grandissima delusione per la rimonta sulla Juve vanificata dalla sconfitta interna col Lecce, una delle pagine più amare della storia romanista, ma resta comunque la vittoria della Coppa Italia in finale contro la Sampdoria e l’esordio in Nazionale.

Il ritorno del Barone e i tanti gol con la Roma

Sulla panchina giallorossa torna Nils Liedholm che ritrova un Giannini già affermato, e ne esalta le qualità realizzative. La Roma arriva terza e Giannini con 11 gol nella classifica marcatori è dietro solamente a Careca e Maradona. L’anno successivo è invece molto deludente. Parliamo della stagione di Andrade e Renato, dell’esonero e il richiamo di Liedholm, dello spareggio perso contro la Fiorentina con gol di Pruzzo.

La Roma del Flaminio

Nella stagione che precede i mondiali del 1990 la Roma deve rinunciare allo Stadio Olimpico sottoposto a lavori di ristrutturazione, e gioca tutta la stagione allo Stadio Flaminio, guidata dal tecnico Gigi Radice in una stagione dichiaratamente di transizione. Tuttavia il sesto posto ottenuto da una squadra di combattenti ha generato un’empatia speciale con i tifosi, al punto che quella stagione è ancora oggi ricordata con piacere nonostante un piazzamento non proprio rilevante.

I mondiali dell’Italia non furono fortunati, dopo un percorso netto viene eliminata in semifinale dall’Argentina ed è grande delusione, ma Giannini gioca un mondiale fantastico risultando uno dei migliori calciatori del torneo.

Ottavio Bianchi e la morte di Dino Viola

Dopo i mondiali la stagione inizia con grandi aspettative. Arriva in panchina Ottavio Bianchi che riesce a tenere unita la squadra e a farle disputare due finali. Sconfitta in coppa Uefa contro l’Inter e vittoria della coppa Italia contro la Samp. Ma c’é poco da festeggiare. Durante la stagione il  19 gennaio 1991 ci lascia il grande Presidente Dino Viola.

La seconda stagione con Bianchi è molto difficile per il Principe. In aperto contrasto con l’allenatore, al punto da definirlo “sleale” e di vedersi tolta la fascia di capitano.

La Roma di Ciarrapico e Boskov

Il nuovo presidente Ciarrapico sceglie per la panchina Vujadin Boskov, tecnico navigato e vincente con la Sampdoria. Peppe fa una buona stagione, ma i risultati della squadra sono estremamente deludenti con la Roma che arriva decima. Arriva anche una finale di Coppa Italia col Torino. Il 5-2 del ritorno con tripletta di Giannini non bastano a recuperare la gara di andata persa malamente per 3-0

Il difficile rapporto con Sensi e il rigore nel derby

Diventa presidente della Roma il compianto Franco Sensi. La stagione 1993-94 inizia con Carletto Mazzone in panchina. Mazzone apprezza Giannini calciatore e l’uomo, i due si prendono molto ma ancora una volta sul campo tante delusioni ed un settimo posto in classifica. L’episodio chiave che determina la fine della carriera di Giuseppe Giannini con la Roma è datato 6 marzo 1994. Si gioca il Derby e la Roma è sotto 1-0. Francesco Totti si procura un calcio di rigore nei minuti di recupero, il Principe si prende la responsabilità di calciarlo ma Marchegiani para, e la Roma perde la partita.

Il rigore sbagliato dal Principe



I tifosi giallorossi perdonano il principe dedicandogli anche uno splendido striscione nella partita successiva:

Il tuo coraggio di tirarlo, il tuo dolore di sbagliarlo, il nostro amore per dimenticarlo

Striscione curva sud

Vulcanico presidente sensi invece, a caldo nel dopo partita, si lascia sfuggire delle frasi che ferirono profondamente nell’orgoglio il principe:

Se uno ha un rigore e lo sbaglia, non è degno di stare in questa squadra

Franco Sensi

Da quel maledetto rigore il rapporto con la Roma non è mai più stato lo stesso. Giannini gioca meno e la stagione 1995-96 sarà l’ultima in maglia giallorossa. Ancora una volta il destino non regala al principe le soddisfazioni che avrebbe meritato. Forse la più bella partita di Giannini con la maglia della Roma coincide con una delle più cocenti delusioni della sua carriera. Si giocano i quarti di finale di Coppa UEFA all’Olimpico, con la Roma che deve ribaltare un pesante 2-0 rimediato all’andata. Giannini gioca una partita splendida, realizzando anche il gol che porta la Roma ai supplementari dove Moriero su assist di Totti fa 3-0. L’accesso alla semifinale sembra fatta, ma nemmeno il tempo di festeggiare e lo Sparta Praga segna il goal qualificazione. È una delusione enorme per Giannini che a fine partita annuncia il suo addio alla Roma. La sorte non gli è amica nemmeno nella penultima giornata del torneo quando dopo una superba prestazione a Firenze rimedia una ammonizione che gli impedirà di salutare la sua gente all’Olimpico contro l’Inter nell’ultima di campionato. La curva sud gli rende comunque omaggio con uno striscione di addio:

Solo chi la ama e chi soffre per la maglia ha il diritto di onorarla… per sempre. Grazie Capitano

Dopo la Roma

Giannini lascia la sua Roma e lo fa per lo Sturm Graz, squadra austriaca con la quale vince due coppe nazionali. Decide di tornare in Italia e di seguire Carlo Mazzone al Napoli. I risultati però non sono quelli sperati, e quando Mazzone viene esonerato anche Giannini lascia la squadra che a fine stagione retrocederà in serie B.

Il principe chiude la sua carriera con la maglia giallorossa, ma non quella della Roma. Viene messo sotto contratto da Lecce con il quale in serie B riesce ad ottenere la promozione.

La partita di addio ed il grande dispiacere

Terminata la sua carriera da calciatore, Giannini sente il desiderio di salutare finalmente il pubblico romanista. Viene organizzata così la sua partita di addio, tra vecchie gloria della Roma e giocatori della nazionale d’Italia 90. In campo tra gli altri Tancredi, Prohaska, Voeller, Righetti, Maldera e Bruno Conti in maglia giallorossa e Franco Baresi, Bergomi, Schillaci e Vierchowod con quella della Nazionale. Nonostante l’assenza di rappresentanti della società l’atmosfera è molto tesa. La Lazio ha da poco vinto lo scudetto ed i tifosi pretendono un rapido cambio di rotta. La contestazione sfocia in violenza, i tifosi invadono e danneggiano il campo, i calciatori rientrano negli spogliatoi e la partita viene sospesa lasciando solo il ricordo delle lacrime del principe.

L’esperienza da allenatore e l’oblio

La carriera di allenatore di Giuseppe Giannini è stata piuttosto anonima. Comincia nella stagione 2004-2005 al Foggia, e viene esonerato a metà stagione. Esperienze altrettanto brevi e negative con la Sambenedettese, in Romania all’Agres, e con la Massese. Gallipoli invece è stata una parentesi positiva, e nel 2008-2009 ottiene una storica promozione in serie B. Nel 2010 siede sulla panchina del Verona ma viene esonerato dopo 5 giornate. Pochissime partite anche sulla panchina del Grosseto, e come selezionatore della nazionale libanese. Le sue ultime esperienze da allenatore sono col Racing Roma in serie D e successivamente al Fondi dal quale si dimette per divergenze con il proprietario.

Al di là di qualche sporadica intervista il Principe è sparito dal mondo del calcio, ed è quasi incredibile ripensando a quello che ha rappresentato per questo mondo da capitano della Roma e da giocatore fondamentale per la nazionale.